Il dibattito sulla riforma costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari si sta facendo largo nell’opinione pubblica italiana e sta, giustamente, animando la discussione interna delle forze politiche.
Da canto nostro, siamo convinti che una forza giovanile abbia il dovere di schierarsi e non nascondersi. Di assumere, con coraggio, una posizione netta, forte, chiara, su un tema così delicato per la vita del nostro Paese.
Prima di entrare nel merito, crediamo sia necessario soffermarci su una questione di metodo: slegare la natura di questa discussione dal destino del governo.
Comprendiamo le ragioni di fondo che hanno portato molti Deputati ad esprimere un voto positivo nella quarta lettura alla Camera dopo tre voti contrari.
Siamo consapevoli che è ragionevole dire che senza quel voto, il Governo che messo in sicurezza l’Italia – dapprima per quanto attiene alla riaffermazione del proprio ruolo in Europa e nel mondo, in secondo luogo nella gestione dell’emergenza causata dal Covid-19 – non sarebbe mai nato.
Riteniamo però, che per quanto siano fondati i dubbi, da una parte di chi teme la destabilizzazione del Governo, dall’altra di chi vede il pericolo che la bocciatura di questo taglio possa rappresentare l’epitaffio definitivo sul tentativo di costruire un’alleanza organica tra le forze politiche che compongono la maggioranza di Governo, questi non possano in alcun modo compensare gli effetti che un taglio lineare e svincolato da un quadro complessivo e coerente di riforme possa avere sulla qualità della democrazia e della politica del nostro Paese.
Questo perché – e veniamo al merito – ancora prima del risparmio irrisorio, prima dello squilibrio oggettivo tra elettori ed eletti, prima dell’amputazione della rappresentanza che le realtà più periferiche e le minoranze politiche rischiano di subire, è per noi dirimente come sia evidente che al fondo delle motivazioni che hanno ispirato il taglio si trovi la risposta ad una pulsione antipolitica, che pure è oggettivamente presente nella nostra società.
Pulsione che siamo convinti sia giusto combattere, non assecondare.
Prima che meno politici, infatti, questa riforma trasmette il messaggio che c’è bisogno di meno politica. Un’idea a cui, nel corso degli ultimi anni, abbiamo per troppe volte prestato il fianco nel tentativo di recuperare consenso.
A questo non è servita l’elezione di secondo grado dei consigli provinciali, la riduzione dei consigli regionali, come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
Su questa strada non abbiamo prodotto una politica migliore, né una politica più “vicina al popolo”. Abbiamo, invece, consegnato alle giovani generazioni una politica esclusiva, appannaggio di pochi. Sacrificandone la rappresentanza.
Ci chiediamo, dunque, perché contribuire a rafforzare questa cultura?
Non ci sfugge che schierarsi contro il taglio può significare posizionarsi contro vento in larghi strati della nostra società e della nostra generazione. Ma a maggior ragione crediamo sia necessario farlo.
Pensiamo sia necessario, anche al di là dell’esito referendario, condurre una battaglia culturale per non consegnare la politica e la democrazia alle ragioni della demagogia.